Come alcuni di voi già sapranno, la cultura Nipponica è colma di riferimenti al mondo del soprannaturale.
Mostri, demoni, spiriti, entità benigne e maligne, sono parte integrante del credo e della mitologia Giapponese.
Ogni fantasma, spirito o mostro qualsivoglia ha la propria storia, ed oggi voglio raccontarvi della povera e sfortunata Okiku, una giovane e bella ragazza alle dipendenze di un samurai di nome Aoyama Tessen, che, a sua volta, si trovò a prestare servizio al daimyō di Himeji.
La ragazza ricevette molte attenzioni da parte di Aoyama, ma declinò ogni sua proposta.
Allora il samurai pensò a un piano: incaricò la ragazza di custodire i dieci preziosi piatti di porcellana che Aoyama Tessen ebbe ricevuto in dono dagli olandesi.
Un giorno il samurai nascose uno dei dieci piatti e chiamò la serva.
La giovane convinta che i piatti fossero tutti presenti, contò fino in fondo ma ne trovò solo nove.
Cadde in stato confusionale. Il samurai la ricattò dicendole che l’avrebbe perdonata e salvata da morte certa, a patto che lei accettasse le sue proposte amorose.
Tuttavia la ragazza rifiutò ancora.
Aoyama, diventato furioso per l’ennesimo rifiuto e decise di ucciderla gettandola nel pozzo.
Da quel momento, ogni notte, il suo spirito tormentò il suo assassino contando i piatti, piangendo e urlando ogni qual volta raggiungesse il numero 9, portando Aoyama alla pazzia.
Il titolo originale dell’opera è “Banchō Sarayashiki” (番町皿屋敷), tramandata dal periodo Edo (1603-1868) fino ai giorni nostri.
La storia di Banchō Sarayashiki, ha origini sconosciute.
Il fantasma della protagonista, più che di un semplice yūrei, si tratta di un onryō, cioè di uno spirito vendicativo che, a causa della morte violenta subita, non poté trovare pace ed essendo continuamente tormentata dal pensiero del piatto mancante.
In alcune versioni del racconto, questo tormento continuò fino a quando il samurai decise di convocare un esorcista che, per mandare via lo spirito, urlò dieci e da quel momento scomparve del tutto.
A questa leggenda si è ispirato Kōji Suzuki per il suo romanzo Ring (リング Ringu) pubblicato nel 1991 e trasposto cinematograficamente da Hideo Nakata nel film Ring nel 1998 per poi arrivare al film che tutti noi oggi conosciamo come un classico degli horror ovvero The Ring del 2002 diretto da Gore Verbinski con Naomi Watts.